9 aziende italiane su 10 hanno un team che gestisce i dati
I dati sono il più grande valore delle aziende e la maturità nei confronti della loro gestione sta crescendo: se nel 2021 in Italia quasi 3 organizzazioni su 10 (29%) non disponevano di una figura dedicata alla governance dei dati,oggi ben il 90% delle aziende può fare affidamento su un team che si occupa di gestire il patrimonio informativo.
È quanto emerge da una recente ricerca condotta da Denodo in collaborazione con IKN Italy, per indagare l’approccio delle aziende italiane in tema di gestione e democratizzazione dei dati.
In particolare, lo studio evidenzia la diffusione di modelli diversi: da team centralizzati all’interno della struttura IT (36%) a quelli ospitati nella struttura del Chief Data Officer (18%), fino a quelli a diretto riporto del CEO (anch’essi comuni nel 18% dei casi). Per quasi 2 aziende su 10 (18%), infine, ogni dipartimento ha un team proprio che modella i dati di cui è responsabile.
La ricerca ha guardato nello specifico alla cosiddetta democratizzazione dei dati, che si basa sulla loro condivisione per liberarne appieno il valore e farne un elemento chiave delle decisioni aziendali. I vantaggi sono indiscussi, soprattutto in termini di facilità d’uso: ben il 62% degli intervistati riconosce infatti nella democratizzazione dei dati la strada sia per ridurre il tempo e lo sforzo nell’utilizzare i dati stessi, sia per aumentare la propria autonomia.
Tuttavia, gli ostacoli alla sua applicazione sono ancora notevoli e si traducono innanzitutto in una generale mancanza di consapevolezza. Più di 2 professionisti su 10 (22%), infatti, lamentano la mancanza di una sponsorship forte che sostenga il cambiamento, accompagnata da una lacuna dal punto di vista culturale e, più in generale, organizzativo (rispettivamente 21% e 18%).
Non trascurabile, poi, la difficoltà nel definire le regole di data governance (17%), che in un contesto di democrazia dei dati possono essere viste come i diritti e i doveri di chi li utilizzerà.
Sono forse queste difficoltà che spingono addirittura un quarto (25%) delle aziende italiane a non prendere in considerazione l’idea di democratizzare i dati.
Data Mesh e Data-as-a-Service: un approccio moderno che fa eco con l’Intelligenza Artificiale
Per quanto riguarda l’implementazione di nuovi modelli tecnologici, circa un terzo degli intervistati (32%) ha indicato il Data Mesh come paradigma di riferimento, dimostrando l’interesse suscitato da questo nuovo modo di gestire organizzativamente i dati. Analogamente, la modernizzazione delle infrastrutture si riscontra nel 28% delle preferenze per il modello del Data Fabric.
Quasi 3 aziende su 10 (29%), infine, hanno in programma di adottare un approccio Data-as-a-Service, in linea con le attuali esigenze orientate al consumo veloce dei dati e alla base di iniziative di Data Marketplace e Data Monetization.
In tale contesto, non sorprende che Intelligenza Artificiale e Machine Learning siano riconosciute come tecnologie d’elezione da oltre un terzo delle aziende italiane (rispettivamente 21% e 14%), i cui casi d’uso sono in rapida crescita.
Accanto ad esse, si è poi riscontrato un utilizzo omogeneo di tecnologie come Data Warehouse, Data Lake e Data Lakehouse (tutte con il 18% delle preferenze).
La migrazione sul cloud è ancora in corso e guarda all’implementazione dei cataloghi di dati
Per quanto il Cloud sia ormai parte integrante delle architetture IT, la ricerca ha evidenziato che per quasi due terzi delle aziende (64%) la maggior parte dei dati è ancora gestita on-premise e che solo l’11% prevede di ultimare completamente la migrazione entro 18-36 mesi.
Altri prediligono invece un approccio meno radicale: il 14% degli intervistati dichiara che in futuro la maggioranza dei dati sarà archiviata in cloud (pur senza indicare un orizzonte temporale preciso), mentre un ulteriore 11% preferisce mantenere un equilibrio tra l’on-premise e il cloud, che rimarrà tale anche nel prossimo futuro.
Le modalità di archiviazione dei dati non sono disgiunte dai processi di gestione. In uno scenario in cui la maggior parte delle informazioni è ancora gestita on-premise, in oltre 4 aziende italiane su 10 (43%) i dati devono essere richiesti e messi a disposizione dall’IT, senza poterli esplorare prima attraverso l’uso di un data catalog.
La strada, però, è segnata. Lo studio ha infatti rilevato un altro 46% di realtà che fanno affidamento su un catalogo per rispondere alle esigenze che richiedono l’uso dei dati: da cataloghi di sola consultazione (21%), a cataloghi che consentono sia la ricerca, sia l’utilizzo dei dati (14%), fino a quelle aziende – seppur ancora in minoranza – dove i Data Consumer possono non solo esplorare i dati, ma anche crearne di nuovi (11%).
“In un mondo digitale in cui i dati sono i nostri occhi, è importante poter mantenere una visione strategica che non si perda nella crescente quantità di informazioni disponibili. È qui che entra in gioco la Data Driven Transformation, tanto complessa quanto imprescindibile”, spiega Andrea Zinno, Sales Director & Data Evangelist di Denodo. “Per le aziende diventa allora fondamentale mettere i dati davvero a disposizione di chi ne ha bisogno, secondo un approccio democratico che non è solo tecnologico, ma innanzitutto culturale: l’obiettivo è rendere i dati accessibili a tutti coloro che devono farne uso, e di farlo nel rispetto delle regole. La nostra ricerca racconta l’immagine di uno scenario di business in evoluzione, con organizzazioni che – nonostante le difficoltà – si mostrano determinate ad abbracciare il cambiamento grazie alla presenza di team dedicati alla gestione dei dati, che sembra ormai essere lo standard. I dipartimenti IT giocano ancora un ruolo primario, ma per il futuro si può prevedere una tendenza crescente degli utilizzatori dei dati a volersi affrancare da questa dipendenza, guadagnando una maggiore autonomia nella fruizione e gestione delle informazioni”.