Lo storage future-defined lascia l’All-Flash al palo
Il settore dello storage è costantemente bombardato da aggressive operazioni di marketing che hanno l’obiettivo di convincere i clienti che il futuro dell’IT è All-Flash. Si tratta di una strategia di comunicazione davvero efficace, innovativa e convincente. I vendor di array All-Flash (AFA) hanno investito letteralmente centinaia di milioni di dollari per promuovere l’effetto panacea assicurato dai supporti flash a discapito dei “vecchi dischi a rotazione”.
In realtà gli HDD non solo sono vivi e vegeti, ma sono di fatto largamente utilizzati, e in maniera intensiva, da ogni singolo provider di storage hyperscale del pianeta. E continuano a offrire maggiore densità, convenienza, affidabilità ed efficienza. C’è quindi ancora un futuro per i dischi, dopo tutto.
Questo non significa che i supporti flash siano un male, al contrario. Flash è eccezionale! Se usato correttamente, lo è decisamente. I supporti flash creano un layer cache estremamente interessante. Il problema è che quando si utilizzano unità flash come livello primario e unico di persistenza per i carichi di lavoro con capacità di petabyte, ci si scontra con la dura realtà economica dei dispositivi flash rispetto ai supporti meccanici. Probabilmente starete pensando: “Ma come? Compressione! Deduplica! Thin provisioning! Che dire allora di questi meccanismi che creano efficienza?”
Certamente, queste funzionalità contribuiscono a rendere meno oneroso il costo per TB utilizzabile – ma non è tutto oro ciò che luccica…
Innanzitutto, questa “riduzione dei dati” non è né gratuita né deterministica. Costa cicli – talvolta molti – di CPU. Se il vostro sistema si affida pesantemente a queste caratteristiche per contenere i costi, probabilmente soffrite di tempi di I/O meno che ottimali – in particolare nei picchi di carico, quando meno ce lo si può permettere.
In secondo luogo, le applicazioni e i servizi stanno diventando sempre più intelligenti in materia di compressione, contenimento e ottimizzazione di data “alla fonte”. Quindi, se si cerca di comprimere dati già di per sé non molto comprimibili, lo straordinario rapporto di compressione – tanto declamato dai vendor AFA – si deteriora notevolmente con il passare del tempo finendo con il duplicare o triplicare i costi attesi.
Cosa comporta allora tutto questo? Secondo noi, che “il futuro all-Flash” è proprio questo, uno scenario futuro, ma forse più lontano di quanto alcuni possano pensare.
Riteniamo che il costo eccessivo dei media flash confrontati con i supporti magnetici ad alta densità possa diventare un ostacolo significativo all’innovazione da parte delle aziende man mano che il volume dei dati che vengono creati, spostati, memorizzati, gestiti ed elaborati in tutto il mondo continua a crescere a ritmi incredibili.
Riteniamo inoltre che il futuro del data storage non sia solo “all-Flash”. O basato solo su una tecnologia “X”. Perché limitarsi a un’unica tipologia di dispositivo? Progettare un sistema storage basato esclusivamente sui supporti utilizzati è come sostituire ogni anno il motore dello stesso Maggiolino Volkswagen del 1968 con quello da Formula 1 più recente, sofisticato e leggero. A un certo punto, il design nel suo complesso – telaio, carrozzeria, calibratura freni, cruscotto, indicatori di sicurezza, ecc. – dovrà essere completamente rivisto per ottimizzare prestazioni e capacità generali.
Noi in INFINIDAT ce ne siamo resi conto tempo fa – nel 2011 per l’esattezza -, anno in cui l’azienda è stata fondata. Era evidente allora che un datacenter all-Flash non era un modello attuabile o sostenibile per carichi di lavoro multi-petabyte. Quel che serviva era un’architettura software storage decisamente differente e molto più sofisticata, capace di lavorare con ogni supporto magnetico in modo da renderlo veloce, efficiente, affidabile e sicuro. Un’architettura sufficientemente adattabile e flessibile per ottimizzare le performance e la durata di qualsiasi tipo di supporto, presente o futuro.
In poche parole, future-defined, non media-defined.